Quarto appuntamento sull'NBA in collaborazione con back9hours.com. Jaywill_22 aka Marco Brignoli ci parla della Central Division.
The best of the East. Quando si parla di Central Division NBA, è
impossibile non partire dai campioni in carica di Cleveland, trascinati
per il decimo anno non consecutivo – a causa delle 4 stagioni di
auto-esilio volontario “interessato” – da Lebron James, l’ex
predestinato diventato profeta in patria con sensibile ma perdonabile
ritardo sulla tabella di marcia stilata dall’idolo dell’Ohio e dalla
Lega stessa.
Cleveland Cavaliers, dicevamo. Confermatissimo coach
Lue, un miracolato da 5 milioni dollari l’anno, pagato per obbedire
alla stella della squadra e gestire lo spogliatoio in suo nome e parola.
Il quintetto base sarà ancora una volta composto da Kyrie Irving,
l’uomo della Gara7 moderna per antonomasia, il controverso Kevin Love –
uno dotato di stipendio e status di superstar, la cui importanza si
ravvisa soprattutto quando è squalificato o infortunato -, il segreto di
Pulcinella Tristan Thompson e il talentuoso ed enigmatico Jr Smith,
recentemente autore di un autografo da 15 milioni l’anno. Alla fine zio
Lebron – i due condividono lo stesso agente – ha convinto Jr a tornare a
vestire la casacca color vinaccia, obbligando il suo più illustre
sottoposto Gilbert, il proprietario, ad allargare i cordoni della borsa.
La second unit ha visto le new entry di Chris Andersen aka Birdman –
uno dei “bravi” di Lbj ai tempi di Miami, assieme al ritrovato James
Jones – e Mike Dunleavy, due veterani stagionati ma potenzialmente
utili. I Frye, gli Shumpert e i Jefferson completano il roster,
abbandonato soltanto da Mozgov e Della Vedova, ormai finiti ai margini
della rotazione e del progetto e attirati dalla possibilità di diventare
nababbi altrove, in quel di Los Angeles e Milwaukee.
Ciò nonostante, al netto di un potenziale ma improbabile effetto
appagamento da titolo, i Cavs rimangono la prima, seconda e terza
opzione per la conquista dell’est, con la rivale più accreditata ridotta
al ruolo di sparring partner. Facile fare previsioni, in questo
contesto: obiettivo minimo è il raggiungimento delle Finals NBA.
Tuttavia, per considerare la stagione positiva, l’obiettivo obbligato
resta la conferma del titolo NBA.
Una sconfitta in Finale,
pur contro l’armata Warriors, equivarrebbe ad un fallimento. Come
sempre d’altronde, quando si parla di Lebron James, non esistono mezze
misure: o Legod o Leflop.
Chicago Bulls: Qui invece brancoliamo nel buio. I
Bulls 2016-17 hanno dato una rinfrescata al roster, salutando in un
colpo solo un intero carrello di bolliti contenente Joakim Noah, Derrick
Rose e Pau Gasol. Cinquanta milioni di stipendio complessivo emigrati
altrove, senza rimpianti o “stracciamento” di vesti. Con loro, in parte
anche a causa loro, i Bulls sono finiti in lotteria ed è inutile
ricordare che durante tutta l’era Thibodeau, mai Chicago era andata cosi
male. Hoiberg si è dimostrato al momento acerbo per gestire la
pressione che schiaccia la Windy City dai tempi della doppia J
(Jordan-Jackson, anche se l’allora Gm Krause preferiva pensare che
fossero la J del suo nome e quella del proprietario Reinsdorf, ad avere
maggior peso) ed il timore è che anche con il nuovo roster la sua mano
sarà tutt’altro che evidente, se non in negativo. Il sistema difensivo
di Thibo è un lontano ricordo, l’attacco stagnante e poco brillante è
ancora d’attualità. In soccorso all’ex coach di Iowa State sono venute
le acquisizioni estive del profeta in patria Dwyane Wade, il centro
difensivo Robin Lopez ed una stella giunta all’autunno della sua
carriera come Rajon Rondo. La star della squadra, Jimmy Butler, dopo
essere stata ad un passo da Celtics e T-Wolves, è rimasto nell’Illinois,
per formare con Wade una delle coppie di esterni più talentuose e
atletiche dell’intera Lega. Difensivamente, al contrario, Butler dovrà
coprire le magagne di Wade ma soprattutto di Rondo e l’unico che
potrebbe dargli una mano è Robin Lopez, in aiuto. Taj Gibson e Mirotic
si contenderanno teoricamente l’ultimo spot disponibile nello starting
Five, mentre dalla panchina usciranno sicuramente Carter Williams (from
Milwaukee in cambio di Snell), Portis, l’ex Sixers Canaan – da non
confondersi con il 50cent di “Power”, quello era Kanan – più le prime
scelte degli ultimi due draft, Mc Dermott e Valentine e quella arrivata
da Ny nell’ambito della trade Rose, quel Jerian Grant figlio di Harvey e
nipote di Horace ammirato al college con la maglia di Notre Dame. Si
attendono progressi da McDermott, dopo un primo anno altalenante, e un
impatto immediatamente di sostanza per il giocatore collegiale preferito
da Magic Johnson (uno Spartan come lui, incidentalmente), l’all around
che a Chicago obiettivamente mancava, soprattutto dopo la partenza di
Snell.
Obiettivi? Difficile dirlo, anche se sarebbe delittuoso rimanere un
altro anno fuori dai playoff, con questa dose di talento. Sicuramente è
vietato fallire l’ingresso alla post-season, ma visto il livello
generale sempre piuttosto bassino della conference, non è eresia puntare
ai
primi quattro posti se non addirittura alla Finale
di Conference, con Toronto e Boston nei panni delle avversarie più
temibili. Dalla 2 alla 8 vale tutto, coach Hoiberg sarà l’ago della
bilancia ed una sua cacciata a metà stagione – temo sarebbe l’unico modo
per fare la differenza -, potrebbe aprire a scenari oggi
inimmaginabili.
Indiana Pacers: Da un coach difensivo a un altro.
Non cambierà il modus operandi in casa Pacers, dopo la promozione a Head
coach dell’ex tecnico di Seattle e Portland, Nate McMillan.
Riconosciuto da sempre come allenatore duro e particolarmente abile nel
curare la fase difensiva, dovrebbe mantenere inalterata la filosofia
dell’ex Vogel, al quale faceva da assistente ormai da diverse stagioni.
Il roster è di tutto rispetto, anche se permangono dubbi sulla solidità
mentale di Al Jefferson, oltre che sulle sue condizioni fisiche e
l’adattabilità a questo tipo di sistema, sui due lati del campo. L’altro
innesto di nome è Teague, reduce da una delle sue peggiori annate in
quel di Atlanta, ma indubbiamente un upgrade rispetto al veterano George
Hill. Ci si domanda come e quanto Teague potrà coesistere o integrarsi
con Monta Ellis, uno che notoriamente gradisce la palla in mano e già
ha sofferto la presenza di una superstar ingombrante come Paul George.
Già. Tanto per cambiare, i destini del team dipenderanno dal solito
George, ormai stabilmente entrato nei top5 della Lega dopo l’eccellente
ritorno dal gravissimo infortunio di due anni fa. L’augurio è che non
finisca per essere troppo solo nel deserto e che salgano di livello i
tanti discreti/buoni elementi che compongono il roster. Ai soliti Cj
Miles, Stuckey, Lawson, Allen e il giovane e promettente Turner, si sono
aggiunti il rinato Thaddeus Young e Seraphin, che con le scelte e gli
uomini da marciapiede chiudono il cerchio e rendono questi Pacers più
lunghi – anche se qualitativamente poco rinomati, dal settimo uomo in
avanti – e profondi delle ultime stagioni.
Obiettivo: ripetere quantomeno il positivo cammino dell’anno scorso,
sia in regular season che nei playoff. La forbice potrebbe essere
tra il 4° e il 7° posto,
una quarantina di vittorie abbondanti sembrano alla portata degli
uomini di McMillan. Una volta passato il primo turno nei playoff, tutto
quello che dovesse arrivare – a mio parere, assolutamente niente –
sarebbe di guadagnato.
La presenza in squadra nel roster della Preseason di tale Ron Howard
avrebbe potuto far pensare ad “Happy Days” dalle parti di Indianapolis,
ma la mano sul fuoco casomai mettetecela voi. Anche perchè l’omonimo
del celebre attore/regista non è sopravvissuto all’ultimo taglio dei
giorni scorsi.
Milwaukee Bucks: Coach Kidd, reduce da una seconda
stagione tutt’altro che entusiasmante o brillante dopo l’ottima annata
d’esordio, si è svegliato all’alba di questa stagione con la
catastrofica notizia che Middleton, uno dei giocatori chiave dei Bucks,
avrebbe saltato l’intera stagione. Il grave forfait del quinto anno da
Texas A&m e la cessione negli ultimi giorni di MCW ai Bulls, hanno
completato la rivoluzione estiva nel reparto guardie, dove
sostanzialmente non è rimasto un reduce della squadra 2015-16.
Forse a causa della presenza della figlia del Proprietario,
l’avvenente Mallory Edens, che pensieri purissimi proprio non li ispira,
il GM dei Bucks ha ben pensato di offrire cifre pornografiche a Della
Vedova e Teletovic, due giocatori di sistema – uno buono per l’attacco,
l’altro per la difesa – che per quei soldi sarebbero andati a giocare
anche ad Aleppo…con buona pace dei poveri siriani che si sarebbero
trovati di fronte due energumeni del loro calibro. A chiudere l’estate
in chiave “Hard” – categoria pornononni -, l’acquisto di Jason Terry, da
almeno un anno e mezzo un ex giocatore, ma nessuno ha ancora avuto il
coraggio di farglielo presente.
La presenza del bad boy Beasley e del tiratore di culto – con l’unico
dettaglio di assomigliare pochino ad un giocatore NBA – Steve Novak,
potrebbero indurre al suicidio anche i tifosi dei Bucks più ottimisti,
se non fosse che per fortuna loro e di Jason Kidd, c’è anche molto
materiale interessante sul quale lavorare.
Le prime scelte Parker – atteso all’esplosione dopo il serio
infortunio dell’anno scorso ed i successivi problemi di peso – e Thon
Maker, alla sensazione greca Giannis Antetokuompo, allo swingman from
Chicago Tony Snell, all’ex colpo di mercato Monroe, agli Henson e
Plumlee del caso – sempre utili a far legna alle spalle del soft ex
lungo dei Pistons – e alla sottovalutatissima seconda scelta da
Virginia, quel Brogdon che liberato dalla partenza di Carter Williams,
potrebbe trovare spazio insperato già dalla sua prima stagione tra i
pro, forte di un Iq non comune e un fisico molto imponente per il ruolo.
Tanti progetti interessanti, tante sfide da vincere e scettici da far
ricredere, dunque, nella terra della Harley.
Obiettivi: qui rischiamo figuracce, ma non escluderei l’accesso ai
playoff per il buco della chiave, in 8° posizione. Ad Est possono
bastare anche 37-38 vittorie, ce lo insegna la storia, e questi Bucks
pur orfani di Khris Middleton hanno nelle loro corde quel tipo di
record. Se lottery sarà (questo alla fine è il pronostico), non si andrà
tanto oltre la
decima posizione, dato che almeno 5 squadre paiono inferiori a Milwaukee, per talento e guida tecnica.
Detroit Pistons: vorrei parlare male di almeno una
squadra della Central Division, ma sono costretto ad alzare bandiera
bianca e rivedere i miei propositi. Ebbene si, anche la quinta e ultima
formazione facente parte della conference più “tosta” della Eastern
conference non nasconde di puntare ad un posto al sole, e non
esattamente in vacanza anticipata. Il desiderio sarebbe di confermare
quantomeno l’8° posto conquistato al primo anno di cura Van Gundy, anche
se il rischio “secondo anno” in realtà poco avvezze alla vittoria, è
sempre dietro l’angolo. Vedi sopra, al capitolo Bucks.
Il roster è rimasto grosso modo lo stesso della passata stagione,
visto che le scelte al draft non sembrano essere destinate a
stravolgere la geografia NBA – interessante comunque la presa di
Ellenson, ma ancora di pù se vogliamo, la potenziale steal di Gbinije
alla 50 (uno dato al primo giro, poche settimane prima del Draft) – nel
prossimo futuro.
Dal mercato è arrivato solamente l’uomo più brutto del mondo, al
secolo Boban Marjanovic, preso sostanzialmente per coprire le spalle
alla stella Drummond. Ish Smith from Phila e Leuer via Suns,
rappresentano due addizioni di complemento, buone solo per la panchina.
Nello Starting five confermatissimi Drummond appunto, colui che ormai
sembra sempre più avviato a diventare l’erede di Dwight Howard – per
come tira in maniera indecente i liberi, per la strapotenza fisica….o
perché è allenato da Stan Van Gundy? Magari tutte e tre -, Stanley
Johnson e Caldwell Pope, oltre a Tobias Harris e al finto playmaker
Reggie Jackson. Quest’ultimo rimane il go to guy, con tutto quel che
concerne di positivo e negativo, considerando l’iq caprino e
contemporaneamente una facilità di segnare e spezzare le difese seconde a
pochi. Nota a margine, la stagione di Rj partirà con qualche settimana
di ritardo, a causa di un problema al ginocchio.
Obiettivi: già detto,
l’8° piazza già ottenuta nel
2015-2016. Certo, l’inizio ad Handicap dovuto all’infortunio del primo
marcatore della squadra, potrebbe pesare e risultare decisivo a metà
Aprile. Il range va dal 7-8 al 10°, Detroit non dovrebbe ragionevolmente
uscire dal lotto.
Jaywill_22 aka Marco Brignoli
Immagini da: www.nba.com
Articolo originale da: http://back9hours.com
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