lunedì 15 agosto 2016

Olimpiadi Rio 2016: tutti i dubbi del Team USA

Alle Olimpiadi di Rio 2016, il Team USA vince ma non convince. Le partite contro Australia, Serbia e Francia hanno mostrato tutti i punti deboli della nazionale allenata da coach K
 
Olimpiadi Rio 2016
Quando si parla della nazionale statunitense, il pensiero inevitabilmente vola verso quel celebre Dream Team in cui le stelle dell'NBA (tra cui Earvin "Magic" Johnson, Michael Jordan e Larry Bird, tanto per citarne alcuni) si riunivano per dare lustro ad una competizione fino a quel momento poco considerata dai big a stelle e strisce.
Negli anni, con i nuovi innesti dettati dal tempo e dalla disponibilità dei diversi giocatori, quella nazionale si è sempre più caratterizzata come "meta estiva" dei campioni del più grande campionato del mondo e come garanzia di successi internazionali (escludendo Atene 2004, dove comunque riuscirono ad ottenere il bronzo).
Anche alle Olimpiadi di Rio 2016 il Team USA si è presentato nel migliore dei modi e anche in questa occasione, data le presenze di alto livello nel roster, si è assicurata "d'ufficio" un posto tra i grandi del basket mondiale.
Pur avendo vinto il proprio girone, però, il nuovo Dream Team non ha del tutto dominato le partite giocate e i 50 punti di scarto, che distinguevano i match tra gli "americani" e gli altri, sono quasi un lontano ricordo.
Team USA
Infatti, le partite con Australia, Serbia e Francia da un lato  hanno riportato fra gli "umani" i NBA e dall'altro hanno fatto emergere la paura di un possibile fallimento nei giochi a cinque cerchi.
giocatori
Ciò, analizzando anche i punti deboli che hanno caratterizzato le tre partite, è riscontrabile in diversi elementi che possono essere riassunti in tre macro-fattori.
Il primo, maggiormente scontato rispetto agli altri, è dato dalla crescita di giocatori nazionali in NBA.
Questo fattore ha permesso l'adattamento a ritmi e "fisici" imposti nel basket d'oltreoceano, che rappresentavano i punti di forza del Team USA (in contrapposizione al "tatticismo all'europea"), e allo stesso tempo ha reso i giocatori non statunitensi fondamentali nelle rotazioni NBA (vedi Bogut, Mills, Dellavedova, Parker, Batum ecc...).
A tutto ciò, inoltre, si collega anche la crescita di tanti fenomeni ai più alti livelli di Eurolega, quali il trio Teodosic - De Colo - Huertel, che sono facilment riusciti a conciliare il loro alto Q.I. cestistico con le doti atletiche, e tecniche, delle star in squadra.
Il secondo fattore, invece, fa riferimento alla maggiore capacità di essere squadra degli altri roster.
La chimica fra i giocatori delle citate squadre, come anche dell'altra "outsider" Spagna, sembra essere di gran lunga maggiore di quella del Dream Team e la capacità di far circolare la palla, giocando quasi a memoria, rende gli avversari degli "americani" una potenziale scheggia impazzita.
Ultimo, e non meno influente fattore, è quello determinato dall'eccessiva sufficenza nel gioco del Team USA, che entra in campo con la convinzione di aver già vinto, e dalla ricerca disperata di una giocata della stella di turno (vedi Anthony con l'Australia e la Serbia o Thompson con la Francia).
Queste carenze nelle "tattiche" di coach K, giunto all'ultima esperienza con la nazionale (con Popovich scalpitante all'angolo), hanno generato enormi buchi in difesa, con gli avversari a giocare puntualmente sotto le plance (imponendosi anche sui vari Cousins e Jordan), continue giocate individuali, che non sempre permettono di raggiungere il risultato tranquillamente, e scarsa chimica di squadra, rivelata sia dal gioco 1vs5 che dalle "sparacchiate" da ogni angolo nei momenti di difficoltà.
Il Team USA, in ogni caso, rimane il favorito nella vittoria finale ma con l'inizio delle eliminazioni dirette,in virtù del gioco espresso finora, ci potrebbe sempre essere qualche sorpresa.


Alessandro Falanga



Imaggini da www.wikipedia.it
                     www.ryancheffernan.org/blog/

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