venerdì 2 gennaio 2015

Buio pesto nella grande mela

Nella stagione regolare in corso si sono presentate numerose sorprese che hanno portato in paradiso talune squadre e all'inferno altre.
Tra i diversi crolli di squadre storiche uno balza all'occhio più degli altri: quello dei New York Knicks.
Reduci da una stagione tra alti e bassi, gli azzuro/arancio della grande mela si sono presentati al mondo NBA con la voglia di cambiare rotta e rendere la stagione più interessante per gli appassionati.
Forti della supervisione di "coach Zen" Jackson e della guida tecnica di Derek Fisher, voluto fortemente dallo stesso Jackson (forse perchè aveva perso Kerr finito a Golden State), i Knicks hanno "puntellato" il loro roster sperando in una migliore figura.
Le cose però, almeno fino ad ora, non sono andate proprio bene.
Martoriata, come accade ormai da anni, dagli infortuni la squadra è riuscita a racimolare solamente il misero record di 5-29 raggiungendo il record stagionale di sconfitte consecutive (ben 9).
Le cause di questo tracollo annunciato sono da individuare, però, in diversi fattori.
FATTORE 1
ROSTER
Il roster a disposizione di coach Fisher nonostante i grandi nomi, vedi Carmelo Anthony e J.R. Smith, deficita nei gregari a disposizione.
I vari Acy, Aldrich,Smith Jason e Stoudemire non sembrano essere all'altezza della situazione e i diversi colpi di testa (vedi Acy nel derby natalizio con Wall) hanno appesantito l'ambiente.
Fra i nuovi arrivi, inoltre, Calderon e Dalembert risultano scarichi e logorati nel fisico, non più in grado di reggere i ritmi NBA.
Infine, i teatrini fra le stelle della squadra, Anthony che rimpiange di non avere firmato con i Bulls durante l'estate e J.R. Smith con complessi di inferiorità nei confronti del primo, sembrano aver minato le basi di un ambiente in via di sviluppo.
FATTORE 2
SCHEMI
Mentre lo scorso anno il vero problema della squadra era rappresentato, quasi del tutto, dagli schemi difensivi, nella stagione in corso si è inceppato anche il sistema offensivo.
La predilezione per il Triangolo offensivo, schema che ha reso celebre coach Zen con 11 titoli (6 con i Chicago Bulls e 5 con i Los Angeles Lakers), di Fisher sembra non rientrare nelle "corde" della squadra.
I giocatori dimostrano di non aver capito lo schema che viene riproposto ossessivamente fino a diventare scontato e meccanico.
L'inclazione di una parte del roster a giocare palla in mano, inoltre, rende vano il progetto d'attacco dell'allenatore (e del Presidente).
Infine, anche questa stagione il vero tallone d'achille è rappresentato dalla difesa.
Infatti fra i lunghi c'è una totale assenza di fisicità e "predisposizione al rimbalzo" (vedi Acy, Aldrich, Bargnani, Stoudemire, Dalembert) e fra i piccoli un'epidemia di "sindrome del casellante".
FATTORE 3
RAPPORTO COACH/PRESIDENTE
Il terzo ed ultimo fattore sembra essere determinante nel tracollo della franchigia.
Il ritorno di Phil Jackson nel ruolo di presidente, acclamato come il "salvatore della patria", sembra non aver dato i suoi frutti a New York.
L'imposizione di Fisher come allenatore e il contratto stratosferico offerto a Carmelo Anthony hanno costretto il Presidente a costruire una squadra mediocre guidata, per di più, da un esordiente.
Inoltre l'ombra di coach Zen sulle scelte tattiche dell'ex play dei Lakers sembra aver oscurato il vero pensiero dell'allenatore, considerato quasi un prestanome.
Nella grande mela il buio incombe...
E potrebbe passare un bel pò di tempo prima di vedere la luce...



Alessandro Falanga


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