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domenica 10 gennaio 2016

Beko All Star Game: tanto spettacolo e pochi italiani

L'All Star Game di Trento mette in mostra tutte le stelle del nostro campionato dove, però, a farla da padrone sono gli americani

All Star Game
La festa del PalaTrento, in cui si sono affrontate le compagine della Cavit All Star Team e della Dolomiti Energia All Star Team, hanno evidenziato una serie di elementi che permettono di analizzare lo stato di salute del basket nostrano.
Partendo dalla formula scelta per l'All Star Game (che non prevede più l'utilizzo della "nazionale sperimentale" svantaggiando i talenti nostrani), la giornata delle stelle "italiane" ha messo in evidenza una delle maggiori pecche del nostro campionato: la scarsa presenza di giocatori tricolore.
Come in altre occasioni, anche questa volta, su due roster formati da ben 24 elementi, solamente sei atleti (di cui uno fuori causa, Gentile) hanno avuto il privilegio di rappresentare la nostra penisola.
Sia ben chiaro che in questo caso non si intende assolutamente fare un discorso di "patriottismo" o di "purezza" dei giocatori ma ciò che impressiona è, praticamente, la totale subordinazione degli azzurri a qualsiasi altro giocatore straniero.
Questo dato, divenuto ormai significativo tanto a livello di nazionale maggiore che di competizioni internazionali, mette in evidenza una delle più grandi pecche della Lega Basket, individuabile nella mancanza di programmazione da parte dei roster.
Dal punto di vista prettamente sportivo, il dato che si può percepire al primo impatto è quello della totale sfiducia sia verso i nostri giovani che verso i giocatori italiani in genere.
Guardando i roster presenti nella massima serie, infatti, solamente una squadra (Reggio Emilia) può essere presa in considerazione per il "materiale umano" utile per la nazionale del futuro.
Accanto a questa grande realtà (a cui possono essere accostate, senza mai arrivare allo stesso livello, Trento e Cremona) nessun altro roster potrebbe essere valutato allo stesso modo e solamente alcune grandi permettono alla "stella" di turno di mettersi in mostra (vedi Gentile a Milano o Abass a Cantù).
Questa premessa si ripercuote, in maniera più o meno devastante, anche sui risultati sportivi.
Come è stato possibile osservare in questa stagione a livello europeo (dove Milano e Sassari hanno rimediato una magra figura in EuroLega) le rappresentanti del "Bel Paese" stentano, e non poco, ad imporsi contro avversari più affermati.
Ciò è riscontrabile nella totale assenza di programmazione delle varie compagini che, puntando a grandi traguardi nel più breve tempo possibile, preferiscono stravolgere i roster di stagione in stagione piuttosto che scommettere sui giovani dei vivai o su talenti formati nelle serie inferiori.
In questa ottica il progetto portato avanti da Reggio Emilia evidenzia tutto ciò che gli altri non hanno fatto (in sequenza: promozione dalla A2, play-off da ottava, play-off da quarta, vittoria in Eurochallenge, finale scudetto e primato nella stagione successiva) e tutto ciò che si dovrebbe fare per tentare di costruire realtà stabili e fondate su giovani talenti nostrani.
L'All Star Game di Trento ha permesso di capire che, qualora le squadre continuassero nella tendenza degli ultimi anni, il basket tricolore è in piena crisi ed è destinato ad essere sempre meno determinante nella Lega A.

(Immagini da www.legabasket.it)


Alessandro Falanga



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sabato 27 giugno 2015

Campioni di tutto (in Italia): Sassari vince anche lo scudetto 2014/2015

Si dice che nella vita c'è sempre una prima volta per tutto: una prima volta per provare, una prima volta per riuscirci ed una prima volta per... Vincere.
In questo caso c'è stata la prima volta per il Banco di Sardegna Sassari che dopo Supercoppa Italiana e Coppa Italia riesce ad accaparrarsi anche lo Scudetto.
La finale contro Reggio Emilia (prima volta nelle Finals Scudetto anche per la squadra di Max Menetti) è stata fantastica, con continui capovolgimenti di fronte e gioco duro fino alla fine.
La spunta la squadra con maggiore esperienza (leggi Logan), maggiore fisicità in campo e maggiore capacità di gestire le fasi critiche del gioco.
La stagione appena terminata è stata straordinaria per la squadra allenata da Meo Sacchetti nonostante le tante critiche e l'andamento altalenante soprattutto durante il periodo finale della stagione.
Reggio Emilia ne esce comunque vincitrice, dimostrando che il progetto cominciato circa 1 anno fa, comprendente un ottimo gruppo di giocatori italiani al suo interno, è soggetto solamente a miglioramenti nella stagione successiva.
Reggio, infatti, è riuscita in due anni a vincere l'Eurochallenge ed arrivare alla finale scudetto costruendo una squadra fondata sul perfetto mix fra giovani talenti nostrani ed esperti stranieri (Diener, Kaukenas e Lavrinovic).
La premiazione della Dinamo Sassari
La squadra di Menetti ha pagato senza dubbio i continui infortuni, sia durante la RS che durante i PO, che hanno condizionato l'andamento generale.
Sassari, invece, ha condotto una RS in "agrodolce", divisa fra le polemiche sulla deludente Eurolega e le vicende extra parquet (come il caso Sosa),chiudendo al quinto posto ed improntando l'intera stagione sulla contrapposizione contro la corazzata Milano.
Il percorso dei PO è stato, dati i risultati ottenuti, molto complicato già a partire dal primo turno (chiuso 3 - 1 contro i terribili ragazzi del coach of the year Maurizio Buscaglia) con dimostrazioni di "superiorità cestistica" sia in semifinale (contro l'Olimpia Milano; serie conclusa 4 - 3) che in finale contro la GrissinBon.
I protagonistri assoluti possono essere individuati in Logan, micidiale negli ultimi periodi, Dyson, che ha spesso preso la squadra in mano conducendola alla vittoria, Sanders, che nei momenti fondamentali si è reso protagonista (vedi il pareggio allo scadere contro Milano) e Shane Lawal, immarcabile a rimbalzo e dominante nel pitturato.
Il titolo di MVP delle Finals è stato assegnato a Sanders che con le sue giocate in attacco e la sua arcigna difesa si è meritato un posto nell'olimpo del basket nazionale.
Piccola critica per la squadra sarda: rispetto a Reggio Emilia, fondata su un solido gruppo di nazionali, la squadra di Sacchetti ha, sempre, preferito la "linea USA" a quella italiana.
Giocatori come Sacchetti (figlio di coach Meo), Formenti e Devecchi hanno dato un ottimo contributo alla squadra nell'impresa ma sono stati considerati sempre seconde linee rispetto agli stranieri divenuti quasi "inamovibili" (vedi i 50 min. di gara 6 di Logan).
Ora, con un Lawal già con la valigia pronta (direzione Barcellona), la Dinamo si appresta ad affrontare con maggiore entusiasmo la prossima stagione (con tanto di Eurolega) presentandosi come squadra da battere, mentre Reggio Emilia dovrà, ancora, dimostrare di essere una delle maggiori contendenti al titolo nazionale.


Alessandro Falanga




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lunedì 15 dicembre 2014

Se il "Mamba" supera il "Re"

Ci sono volute ben due partite ma alla fine il record è arrivato.
Dopo la sofferta vittoria contro i Minnesota Timberwolves per 100 a 94 ed una prestazione da 26 punti 2 assist e 1 palla rubata, Kobe Bryant diventa il terzo marcatore di tutti i tempi con 32.293.
L'impresa è ancora più ampia perchè il "Black Mamba" è riuscito a superare nientemeno che sua maestà Michael Jordan.
Figlio di Joe Bryant, ricordato anche in Italia per le esperienze a Reggio Calabria - Pistoia e Reggio Emilia, Kobe muove i primi passi sul parquet proprio nel "bel paese"fra il 1984 e il 1991.
Nel 1996 decide di fare il grande salto nel basket che conta ma il draft lo confina alla posizione 13 e ad un futuro a Charlotte con gli Hornets.
L'abilità dell'esperto Jerry West, ex leggenda e allora GM dei Lakers, riesce a mettere a segno un colpo da maestro: Vlade Divac, centro ventottenne di esperienza nella lega, per la giovane guardia cresciuta cestisticamente in Italia.
La trade cambierà sia il destino della squadra che del giocatore.
Infatti, dopo gli anni da rookie e sophomore (dove si fa notare per le sue giocate e per le schiacciate nell'all-star game), comincia l'ascesa del giocatore sotto l'ala protettiva di coach "Zen" Phil Jackson e in coppia con Shaquille O'Neal.
Arriva il three-peat e Kobe diventa sempre più uomo franchigia della città degli angeli.
Dopo la parentesi senza vittorie, ma con grandi prestazioni anche in squadre non all'altezza della situazione, Bryant riprende in mano la squadra e, in concomitanza con il ritorno di Jackson, riporta i gialloviola ai fasti di un tempo.
Ritornano le finals e ritornano anche i titoli (2008 e 2009) in coppia con un altro lungo d'eccezione :Pau Gasol.
Dopo il quinto titolo iniziano a sprecarsi i paragoni con Jordan ma, purtroppo, il sesto anello non arriva.
L'addio di Jackson, divenuto nel frattempo Presidente dei Knicks, e l'abbandono dei pezzi da novanta della squadra lo proiettano ai giorni nostri dove, nonostante una squadra al di sotto delle aspettative, la guardia nativa di Philadelpia riesce ad imporre il suo stile unico nella lega.
Riesce a superare nei punti
un mito del basket NBA alla veneranda età di 36 anni e ad un anno dal ritiro.
Quando il sesto anello sembra quasi un'utopia...
Oppure No...

Congratulazioni Kobe!!!








Alessandro Falanga